di Lorenzo Parolin[L8/417]
L’uomo ha coscienza di esserci, di essere contornato da altre forme di esistenza e di essere un ente limitato e soggetto a mutazioni. Egli sente di non essere autosufficiente, ma di dipendere da qualcosa/qualcuno, altro da sé. Il termine appropriato da usare per gli uomini è esistenza, che viene dal latino ex-sistere e significa dal di fuori - essere tenuti su. L’uomo, cioè, non può darsi l’esistenza con un atto della sua volontà, perché egli ancora non esiste. Dunque, se l’esistenza la riceve in dono, è necessario che al vertice della catena degli esseri ci sia un Essere Donatore capace di sostenere le creature e di reggere anche sé stesso. Si tratta dell’Essere Supremo. L’esistenza implica l’Essenza (la presenza dell’Essere). Data la dimensione smisurata delle “cose” esistenti e dei tempi enormi desumibili dall’osservazione del cosmo, è necessario che l’Essere Supremo sia di dimensioni infinite, che sia eterno e che sia onnipotente: la perfezione in persona. Poco importa che l’uomo non riesca a vedere con i suoi occhi il suo creatore, è già cosa meravigliosa che ne abbia cognizione; gli animali e le piante, infatti, non ne hanno coscienza. Siamo troppo piccoli e limitati per pretendere di conoscere pienamente il Supremo. La vita, tuttavia, ci consente di perfezionarne la conoscenza. Intuita la presenza dell’Essere Supremo, non ha più senso parlare del nulla assoluto: implicherebbe l’assenza dell’Essere, cioè la negazione di ciò che si è appena constatato. Il nulla assoluto, inoltre, non sarebbe nemmeno pensabile, per la mancanza di qualcuno in grado di pensarlo. Non c’è un vuoto ed un Essere che lo riempie. L’Essere è esso stesso il vuoto e il pieno.
Escluso il nulla Essenziale, si può però parlare di un nulla esistenziale riguardante lo zero presente prima dell’accensione dell’esistenza. Essa postula (richiede) una potenza infinita che, agendo sullo zero, lo trasformi in qualcosa di finito. In matematica ciò si esprime dicendo che se 5:1=5 allora 5x1=5 se 5:0.1=50 allora 50x0.1=5 se 5:0.01=500 allora 500x0.01=5 se 5:0.001=5000 allora 5000x0.001=5 … e se 5:0=∞ (infinito), allora ∞x0=5
Dio, dunque, è l’infinito senza se e senza ma che ha in sé stesso la ragione del suo essere (sta su da solo) e che è la ragione degli altri esseri (genera dal nulla relativo e sostiene le creature). L’uomo, invece, esiste, cioè è stato acceso e viene costantemente sorretto da Uno a lui esterno, il quale gli ha partecipato qualcosa di sé (qualcosa della sua Essenza). Siamo dunque degli esseri anche noi, ma limitati; tuttavia, all’interno di quei limiti, portiamo impressa l’impronta della perfezione che ci ha generati. Non si confonda dunque l’Essenza con l’esistenza, non si confonda l’Essere con le creature; non si confonda la luce infinita con i lumini più o meno grandi. Possediamo, è vero, delle partecipazioni donateci dall’Essere, ma non siamo l’Essere. L’Essere semplicemente È. Non ha senso chiedersi perché ci sia: esso è tutto e la causa di tutto, c’è solo da prenderne atto. Noi siamo perché egli È. Vista la realtà, l’Essere Assoluto non potrebbe non esserci; l’essere relativo, invece, (la creatura) non è scontato che ci sia, ciascuno di noi potrebbe benissimo non esserci: miliardi sono i potenziali esseri andati perduti quando lo spermatozoo che ha fecondato l’ovulo di nostra madre ha avuto successo. Siamo emersi dal nulla relativo spinti gratuitamente da qualcuno che ha la potenza per farlo. È stato un atto gratuito d’amore dell’Essere a lanciarci nell’esistenza, a regalarci delle quote di partecipazione della sua “azienda”, rendendoci piccoli soci. È evidente che non dobbiamo strafare e fargli concorrenza: non avremmo le qualità sufficienti per fare da soli. [rif. www.lorenzoparolin.it L8/417]